Recentemente mia figlia è tornata a casa per una breve vacanza.
Ormai lei è adulta, non vive più con noi da parecchi anni.
A casa nostra non c’è più la sua presenza fisica quotidiana, ma sono rimaste tutte le sue cose, quelle della sua vita di bambina e di giovane donna, prima che andasse all’università.
Da allora, prima al college e da quattro anni a New York, vive in case piccole e condivise con altre ragazze. In nessuna ha potuto portare più di qualche ricordo e qualche foto.
La sua camera, i suoi vestiti, le sue bambole, i suoi lavoretti scolastici, e mucchi di carta, sono quello che di fisico è rimasto qui.
Nè io nè mio marito ci siamo mai messi a frugare nelle sue cose, nè abbiamo buttato via un singolo foglietto di carta. Abbiamo avuto conferma che lei si ricorda di tutto ciò che le appartiene e che ciò che a noi sembra, appunto, solo un foglietto di carta, per lei, se è ancora nella sua camera, è molto di più.
Le case americane sono grandi e si “mangiano” tutto, ma c’è un momento della vita in cui si sente che bisogna arginare questa “indigestione”. Si deve intervenire ed eliminare.
Se 4 anni fa proporle di buttare via i suoi vestiti del college poteva essere un po’ brutale, quasi a dire “basta, ora sei per conto tuo e questa NON è più casa tua” (e, per carità lungi da noi pensarlo) ora quei vestiti nell’armadio, non sono più così preziosi.
Allora avevo anche ventilato l’idea di ridurre la quantità di peluche e di bambole che ci giravano per casa, ma non l’aveva presa così bene. Credo soffrisse un po’ la separazione da noi.
Questa volta era pronta e abbiamo fatto un lavoro profondo di eliminazione del superfluo: donando al Goodwill, la catena di negozi di seconda mano che da` lavoro, a chi un altro lavoro non trova, con le vendite delle donazioni.
Di giocattoli e di cose sue ne sono rimaste ancora, ma sono quelli che veramente hanno un significato e sarà bello per lei averli per i suoi figli.
Tra le cose che sono rimaste c’è la sua bambola “American Girl”, quella che il nonno le aveva regalato e che le assomigliava, con i suoi vestiti ed i suoi accessori.
Abbiamo messo tutto in una scatola per proteggerla dal tempo, ma 15 anni dopo è ancora come nuova ed è proprio bella.
Le American Girl sono state e sono ancora il sogno di ogni bambina americana. Sono nate per raccontare storie di bambine arrivate qui come immigrate da luoghi lontani dai tempi dei primi pionieri ai giorni d’oggi.
Ora le fanno anche che assomigliano alle bambine che le comprano, con cui possono condividere anche gli abiti… insomma la cosa è sfuggita un po’ di mano, a mio parere. Ah, il consumismo!
Le conoscete? La loro storia ha superato i confini statunitensi?
Ve la racconto questo mese, ed è una storia partita dal Wisconsin.
Buona lettura
Claudia, Un’alessandrina in America