Il culto della bistecca in USA

Photo by Kasumi Loffler on Pexels.com

Che gli Americani non amino cucinare è un luogo comune abbastanza diffuso. In realtà non è esattamente un luogo comune, visto che ha un fondo di verità davvero solido. Amano mangiare, e, se possibile e le finanze lo permettono, amano mangiare bene. Ma, non essendo particolarmente schizzinosi, si adeguano facilmente a quello che c’è.

Immagino sia (anche) per questo che il loro piatto preferito è la carne. Se girate per un supermercato americano, però, scordatevi la scelta di tagli che abbiamo noi in Italia. Più il supermercato è di alto livello e costoso, meno scelta si trova. Grosse catene come Walmart, che servono un po’ tutti, dagli immigrati meno abbienti ai più benestanti, hanno una buona scelta. Grossi pezzi di Boston Butt e fettine per la Milanesa cubana (una cotoletta), arrosti da 5 lb e quinto quarto, per abbracciare tutte le tradizioni culinarie.

Supermercati posh, come Whole Food e Fresh Market, con una clientela più esclusiva e fighetta, invece, hanno un banco carne davvero striminzito, composto da NYstrip, Ribeye, beef ribs, filetto e arrosti per il manzo; arrosti di boston butt, ribs, filetto intero e pork chop da 3 cm per il maiale. Qualche pezzo di agnello, rigorosamente neozelandese, qualche salsiccia e petti e cosce di pollo completano il banco.
Per natale, fanno la comparsa sua maestà il Prime rib roast e lo spiraled Ham. Non vi venga in mente di richiedere o cercare del vitello. Prezzi assurdi (più del doppio del manzo) per una carne spesso verdognola e putrescente, visto che non ha praticamente mercato.

Cosa hanno in comune questi tagli? Che si cuociono sulla griglia, o nel bbq: quindi, minima fatica e massima resa, secondo la più spiccia filosofia Americana. I tagli che richiedono più lavorazione, invece, sono presenti nei canali della ristorazione o, appunto, nei supermercati che coprono una fetta più ampia di popolazione. I ristoranti specializzati in carne, Le cosiddette Steakhouse, sono presenti praticamente ovunque. Le prime furono aperte a New York nel XIX secolo, seguendo la tradizione delle Inn Inglesi, ma prendendo poi una loro connotazione.

Gli Americani amano la carne (credo di averlo già detto…)

Una ricerca del 2018 dice che ne mangiano anche 220lb (circa 100kg) in un anno. Ovviamente l’America è grande, per cui, oltre a zone prettamente carnivore, ci sono anche aree più virtuose. In California, in South Florida e nelle grandi città, prosperano diete salutiste, ci sono ristoranti veg e c’è un particolare interesse verso quello che si mangia. Ma, in certe zone, l’unico cibo degno di essere consumato è la carne.

Photo by Los Muertos Crew on Pexels.com

Il motivo di questo amore è da ricondursi al processo di emigrazione nei nuovi mondi. Non per niente, si riscontra la stessa ossessione per le proteine animali anche nelle popolazioni argentine, brasiliane e australiane.

In Europa, da sempre, la carne era appannaggio dei ricchi. I poveri si accontentavano di castagne, verdure, patate e polenta. Sono gli stessi poveri che poi, affrontando il viaggio in mare coi loro pochi beni, arrivarono nelle coste Americane. Qui, la loro fortuna cambiò radicalmente. L’abbondanza di cibi in America gli premise di avere carne facilmente reperibile. Le terre oltreoceano erano libere (a parte qualche fastidioso indigeno rapidamente rimosso -.-‘ ) e ricche di selvaggina facilmente catturabile o addomesticabile per l’allevamento.
Questo portò I coloni di fine ‘700 a consumare quasi 90 kg di carne a testa.

Quando in nuovi immigrati arrivarono, nel XIX secolo, trovarono già una cultura alimentare consolidata, anche nelle città. Parenti e amici sbarcati venivano sopraffatti dalla quantità di carne presente. E, se non era bistecca, era comunque lo spezzatino, per gli irlandesi; Il brisket, per gli ebrei; il macinato con cui fare le polpette, per gli italiani. Essere Americani significava -comunque- mangiare carne. Era un passaggio del processo di naturalizzazione, anche se, a questo punto, non si va più a caccia, e le grandi città sono servite dai butcher, che provvedono a vendere la carne delle fattorie nelle campagne.
Anche oggi, le catene dei supermercati vendono solo select cut, ma i (pochissimi) macellai sono disponibili a fornire qualunque parte dell’animale.

via Pinterest

Tutto questo ha portato a intensificare le tecniche di allevamento in modalità non sempre etiche e corrette, che ancora oggi fanno storcere il naso agli europei sulla qualità della carne Americana, Purtroppo, come in tutti i campi, spesso spendere poco porta ad acquistare un prodotto di scarso livello. Le catene di supermercati più famose dichiarano di non vendere carni e latticini da animali trattati con ormoni della crescita e antibiotici, ma i prodotti processati, tipo i surgelati, spesso usano carni di dubbia provenienza.

Un consumo di carne così alto non poteva che mettere in allerta il mondo sanitario, visto che in USA si verifica una incidenza di malattie metaboliche molto più elevata che altri stati. Dagli anni ’80, quindi, si è verificata una diminuzione nel consumo di carne rossa, a favore sempre di più della carne di pollo. Attualmente, tutte le catene di ristorazione hanno in menù sia carne che pollo, ma, in un numero sempre crescente, anche una alternativa vegana, come la impossible meat, anche se questo prodotto, altamente processato, non incontra il favore di nutrizionisti e salutisti.

Questo mese condivido una ricetta, di quelle che si fanno tutte le settimane, per poi metterle nel dimenticatoio e passare oltre… ma che invece meriterebbe di essere rispolverata più spesso 🙂

Filetto al pepe verde

  • una fetta filetto a testa, spessa almeno 2 cm, circa 200-250 g di peso
  • 150 ml di panna liquida fresca o heavy cream, per chi è in USA
  • un cucchiaino di bacche di pepe verde per ogni fetta di carne
  • 50 mL di Brandy o cognac (o vino bianco)
  • un cucchiaio di farina
  • 50g di burro
  • sale e pepe

Salare e pepare la carne e lasciare da parte
Su un tagliere, tritare al coltello metà delle bacche di pepe verde e mettere da parte.
In una padella sciogliere il burro tenendo la fiamma piuttosto alta.
Asciugare la carne con un foglio di carta assorbente e passarla nel pepe tritato e nella farina.
Appena il burro è spumeggiante, adagiare i filetti in padella e cuocere circa 3 minuti per lato. Levare la carne dal fuoco conservandola in un piatto in grado di raccogliere i succhi.
Sfumare il residuo nella padella con il brandy, eventualmente grattando il fondo con una spatola, fino a sciogliere i residui.
Appena l’alcol è evaporato, aggiungere la panna e il pepe intero, far prender e il bollore e riportare i filetti nella padella, con eventuale liquido fuoriuscito dalla carne.
Far legare il fondo tenendo il fuoco basso e muovendo la padella con movimenti circolari, per 4-5 minuti, regolare di sale e servire la carne ben nappata con la salsa

Enjoy

Elena, Florida

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