Ah… Detroit…?

Quando, una volta deciso che avremmo accettato la “sfida” di trasferire tutta la family in USA, abbiamo iniziato a divulgare la notizia, le reazioni passavano da un “Dai! Mi metti in valigia?!?” per passare da “Michigan?? Che figo!! L’incredibile Dr Pol! Io lo adoro!” e finire con “Ah… Detroit? …”

Vai a spiegare che noi saremmo stati a circa 50 miglia a nord dalla ridente cittadina americana, a 1 ora di macchina a sud dal Canada, in mezzo ai laghi e alla natura… stavamo comunque, agli occhi dei più, andando nella parte sfigata degli Stati Uniti. I più “scafati”, ossia quelli che avevano in qualche modo già viaggiato verso questi lidi (non perché, diciamocelo tutta, pervasi da spirito di avventura ma perché mandati per lavoro da quell’azienda che da noi a Torino la fà da padrona da fine ‘800…) si spingevano alla domanda “Vicino a Pontiac?” e alla nostra risposta affermativa venivano scossi da un brivido lungo la schiena…

Devo dire che molto probabilmente io dissimulavo talmente male la mancanza di entusiasmo che quasi sicuramente avrei avuto ci fossimo trasferiti in una zona più conosciuta alla maggior parte della gente e notoriamente meglio frequentata, ma mi sono ricreduta vivendo qui e conoscendo meglio la storia di questo territorio.

Rimane comunque il fatto che se mio marito mi chiedesse di trasferirci a Boston, mi “trasferirei ieri”, perchè “I’m a city girl, not a country girl…”

Scorcio di Detroit vista dal parco di Belle Isle

Storia di Detroit

Detroit non è la capitale del Michigan (lo è stata per una quarantina di anni nel 1800), la capitale attuale è Lansing, ma è la città più popolosa con oltre 4 milioni di abitanti.

Fin dalla sua nascita, avvenuta nel lontano 1699, la città ha rivelato grandi potenzialità per lo sviluppo commerciale del territorio. In quegli anni, Padre Louis Hennepin, un religioso belga, esplorando l’interno del Nord America scelse la riva nord del fiume Detroit come luogo ideale per un insediamento commerciale, elevandovi un forte, Forte Pontchairtrain. Nel 1760 questo cadde nelle mani degli Inglesi, in quanto il fiume, collegando i laghi St. Claire e Erie, offriva un’ottima via per il trasporto di pellicce e il porto era un riparo perfetto per le navi che solcavano i grandi laghi. Nel 1796 gli Inglesi lo abbandonarono cedendolo agli Americani. A simboleggiare l’importante ruolo svolto da queste 2 potenze nella storia della città, sulla sua bandiera compaiono i Gigli di Francia e i Leoni d’Inghilterra.

Detroit venne quindi dichiarata città nel 1802. L’attività commerciale divenne più importante nel corso del XIX secolo con la costruzione del canale Erie e della ferrovia che collegava la città con Chicago, passando da una popolazione di 20mila abitanti di inizio ‘800, a 285mila a inizio ‘900.

La vicinanza con i Monti Appalachi, e le loro riserve di carbone, e la ricchezza di metalli come minerali di ferro dei Grandi Laghi, fu una forte spinta per lo sviluppo dell’industria metalmeccanica durante i primi anni del 1900, ed in particolare la localizzazione dell’industria dell’automobile, facendola diventare la vera capitale americana dell’automotive con gli stabilimenti di General Motors, Ford, Chrysler, Fisher e Packard.

Detroit per questa sua crescente ricchezza é stata meta di una grande onda migratoria, soprattutto dagli Stati del Sud, dai quali arrivavano persone di ogni ordine, etnia ed estrazione sociale, e questa è diventata la sua fortuna, ma in un secondo tempo anche il suo più grande problema. L’industria siderurgica ed automobilistica ebbe il primo collo con la crisi del ’29 riuscendo comunque a rialzarsi velocemente reinventandosi come fabbrica di prodotti bellici durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo nuovo boom di posti di lavoro portò un’ulteriore ondata migratoria dagli Stati vicini e dall’Europa, con una nuova convivenza forzata, per mancanza di alloggi, tra la comunità bianca e quella nera.

La nascita del Ku Klux Klan esacerbò l’odio verso i neri cercando di imporre l’idea di supremazia bianca. Meno importante ma comunque impattante era attiva nell’area anche la Black Legion.

Nonostante il decreto del 1941 del Presidente F. D. Roosevelt, che proibiva la discriminazione razziale nell’industria della difesa nazionale, i neri venivano comunque esclusi da numerosi lavori, nello specifico da posizioni qualificate e di supervisione. Non solo, nel corso degli anni, le forze dell’ordine vedevano un numero sempre crescente tra le loro file di arruolamenti di bianchi.

Packard hate strike

Il fuoco divampò definitivamente nel giugno del 1943 con 5 giorni di rivolta, quando la Packard promosse finalmente 3 neri per lavorare di fianco ai bianchi nella catena di montaggio. A questo punto 25000 bianchi abbandonarono il lavoro dando il via ad uno sciopero denominato dell’odio e rallentando così la produzione. Le giovani comunità di neri di bianchi iniziarono in città una battaglia intermittente che si spostò lungo il ponte di Belle Isle, durante il rientro in città di oltre 100000 persone da un pomeriggio passato al parco. La falsa notizia che dei bianchi avevano gettato una mamma nera e il suo bambino nel fiume, portò alla più grande guerra cittadina del ‘900 con 34 morti (24 dei quali neri) e oltre 600 persone ferite, il 75% delle quali nere, e l’85% delle persone arrestate altrettanto. Vennero saccheggiati negozi, distrutte case, uccise persone indiscriminatamente per strada solo perché si trovavano a passare o sostare sul percorso di distruzione delle gangs.

Un airone vola tranquillo sul fiume che costeggia Belle Isle, ignaro delle lotte avvenute in questa zona 70 anni fa

Nel corso degli accertamenti da parte delle istituzioni, le varie fazioni si incolparono a vicenda non arrivando ad una conclusione pacifica. Nei mesi successivi i disordini continuarono, e pare addirittura che anche la polizia avesse paura a mettere piede nella città messa a ferro e fuoco. Grandi responsabilità vennero attribuite al sindaco bianco dell’epoca, incapace di mettere pace tra i 2 gruppi anzi buttando benzina sul fuoco nei confronti dei neri.

Questo portò negli anni seguenti all’investitura a sindaco di Coleman Alexander Young, primo sindaco nero della città, che rimase in carica dal 1 gennaio 1974 al 3 gennaio 1994. Durante i suoi mandati, Detroit visse oscillazioni rilevanti sul tasso di omicidi passando da 50/100000 abitanti nel ’74, a 40/100000 di fine decennio, per passare a 63.5 del 1987 ed arrivare a 54 nel 1994.

Una delle accuse più pesanti mosse nei confronti di Young fu di aver agevolato se non incentivato l’esodo dei contribuenti del ceto medio nei sobborghi, popolando così la città sempre più di povertà e gangs che la tenevano in pugno con i loro reati.

Un tocco di colore su un palazzo vicino ad una fermata del People Mover

Al giorno d’oggi Detroit sta cercando di rialzarsi (soprattutto dopo la bancarotta dichiarata dall’amministrazione cittadina nel luglio 2013 grazie ad un debito di 18 miliardi di dollari, risoltasi un paio di anni dopo) dando vita a nuove costruzioni nel centro cittadino come ad esempio il nuovo Renaissance Center, il rimodernamento di Campus Martius, l’Henry Ford Museum, il Greenwich Village, lo Zoo e la riqualificazione delle zone periferiche (che passa dalla messa sul mercato immobiliare di case in vendita a $1000…).

Nel prossimo articolo vi porterò, se vorrete, a spasso per la città descrivendovi queste zone ed alla scoperta di un museo in particolare, dove è impressionante tuffarsi e sentirsi partecipi delle vicende che vi ho narrato sopra, il Museo della Storia Afroamericana, uno dei musei Afroamericani indipendenti più antico al mondo.

Un altro modo per andare in giro per la città, un unico avvertimento: occhio all’etilometro…

Chiaramente Chiara, Michigan

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