Lavorare in Texas: sogno americano o nuova schiavitù?

Photo by Joey Kyber on Pexels.com

Tutti pazzi per il Texas, negli ultimi anni: nuove aziende, nuovi (e vecchi) milionari che investono nel territorio, frotte di californiani che vendono le loro casette striminzite nell’Orange County e comprano villoni con piscina tra le colline di Austin. Lo skyline della città cambia rapidamente, si arricchisce di nuovi grattacieli e nuovi cantieri. Con un boom del genere il lavoro abbonda, e ce n’è davvero per tutti.

Per noi Italiani, abituati agli stipendi medi del Bel Paese, poter lavorare qui è un po’ come sentirsi un po’ ricchi. Poi non è così, perché comunque le spese sono alte, bisogna mettere via un fondo per il college dei figli e l’assistenza sanitaria può riservare brutte sorprese e quindi richiede di prevedere un fondo anche per quel tipo di emergenze… Però diciamo che le cifre che si mettono in tasca a fine mese (anzi, ogni due settimane) danno qualche soddisfazione.

I ritmi di lavoro, però, sono abbastanza stressanti.

La produttività è altissima, le pressioni e le richieste anche, e quando si punta in alto bisogna anche dare moltissimo e mettere da parte molto del proprio tempo libero. Organizzarsi, quindi, diventa la parola magica. Per poter fare tutto, soprattutto se hai la sfiga di nascere con due cromosomi X, devi sapere come gestire il tuo tempo.

Io, che mi distraggo come una bambina di seconda elementare all’ultimo banco durante l’ora di geografia, faccio una gran fatica a organizzarmi. Divento spesso vittima di me stessa, perdendomi dietro una cosa che sto leggendo (e che spesso mi rimanda ad altre 10 cose da leggere), un pensiero da scrivere, un messaggio da mandare, una ricerca da fare.

Ho provato a seguire podcast di persone illuminate che suggeriscono strategie per essere in forma, mangiare sani, lavorare 10 ore al giorno concentrate al 100% su quello che si sta facendo, giocare coi figli, aiutarli coi compiti, fare gite e, ovviamente, mantenere anche una vita sessuale da urlo. Neanche a dirlo, seguire podcast non funziona.

Anche se poi funzionasse, è durissima perché, come dicevo, i ritmi di lavoro sono altissimi. Poche ferie pagate, salvo rare eccezioni di aziende particolarmente di manica larga, pochi congedi per la maternità, pochi, pochissimi diritti. Ma tanti progetti, tante nuove sfide, tanti inviti a schiacciare il pedale dell’acceleratore per crescere, aumentare il salario e, con esso, le responsabilità. E prima che tu te ne renda conto, sei già su quella ruota a correre, correre, correre…

Non che non arrivino le soddisfazioni: se vali, qui hai successo quasi sempre, e col successo arrivano anche i soldi. Ma vivi sempre un po’ con il coltello tra i denti, parandoti sempre le spalle, lavorando su più fronti per non restare a piedi, coltivando più progetti insieme, corteggiando quella o quell’altra occasione per avere la certezza di portarne a casa almeno una. Insomma…due palle, gente.

Chi mi legge da un po’ sa bene che io non c’entro niente con questo stile e che viaggio ad altre frequenze. Ma anch’io ho saputo cogliere le mie occasioni, qui in Texas. Ecco come ho fatto…

Antonella, Io me ne andrei – Cronache di una milanese in Texas

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Pubblicato da iomeneandrei74

Blogger, expat, eternamente grata, eternamente in pena. La vita non finisce mai di stupirmi.

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