Una delle cose che mi piace di più degli Stati Uniti è il fatto che questi siano davvero un paese multiculturale. Lo si vede nel fatto che ci siano nel calendario molte festività di origini diverse e celebrate da una parte della popolazione, ma non da un’altra.
Kwanzaa
Kwanzaa, per esempio, è una festività relativamente recente che appartiene alla cultura afro-americana e si svolge su sette giorni (quest’anno dal 26 dicembre al primo gennaio) culminante in una festa comune chiamata Karamu, che di solito si tiene il 6° giorno. Questa festività fu creata da Maulana Karenga, dopo le violenze razziali a Los Angeles del 1965, sulla base delle tradizioni del festival del raccolto africano provenienti da varie parti dell’Africa, tra cui l’Africa occidentale e sud-orientale ed ora è celebrata da milioni di persone nel mondo, non solo negli Stati Uniti. Kwanzaa fu celebrata per la prima volta nel 1966.

Questo è solo un esempio, ma se si apre un qualsiasi calendario americano, i mesi sono costellati da celebrazioni diverse, sia legate alle religioni sia alle culture. Ogni gruppo etnico, mantiene le sue tradizioni e nessuno si sorprende, anzi è bello che si possa veramente essere se stessi senza problemi di persecuzione.
Non ci si deve stupire perciò se nelle città si vedono decine di chiese o templi differenti, come non ci si deve stupire se differenti gruppi etnici tendono a vivere insieme in comunità.
Ancora oggi.
Potrebbero sembrare ghetti, ma per fortuna non lo sono (o per lo meno non sempre). Sono solo un modo per essere vicini e poter incontrarsi facilmente per una celebrazione o trovare i negozi che vendono i prodotti tipici.
Tutti conosciamo le Chinatown, Little Italy, Japan town, che non sono solo a New York, ma punteggiano gli Stati Uniti.
Anzi direi che è grazie a loro che le città americane hanno il loro fascino e la loro identità, perchè dove per qualsiasi motivo queste enclavi etniche sono state smembrate, la città ne ha perso!
Lo vedo nella città dove vivo, Milwaukee, dove per costruire l’autostrada hanno distrutto il fulcro della comunità italiana, la chiesa, provocando la dispersione delle famiglie verso i sobborghi. A Pittsburgh, dove vivevo prima, invece esistono ancora delle zone così italiane che non è affatto difficile stupirsi se qualcuno parla… inglese.
Naturalmente nelle grandi metropoli, e New York ne è un esempio eclatante, ci sono anche comunità molto chiuse, dove sembra essere piombati in un mondo parallelo, che continuano a vivere con costumi ed usi non toccati dall’esterno, in un tempo ed in uno spazio differenti.
La serie Unorthodox di Netflix, che vi consiglio assolutamente, ci ha fatti entrare nella comunità Hasidic di Brooklyn e dei Queens. Basta andare nella zona di Flushing Ave. per vedere i segni della presenza di questa comunità (per esempio strane sbarre alle finestre che si protendono all’esterno degli edifici, gli uomini con i loro tipici copricapi, le donne con le parrucche). Mia figlia ha vissuto a Brooklyn molto vicino a Flushing e per me è stato un modo per scoprire di più su questa comunità di cui non sapevo neanche l’esistenza. Non ve ne parlo qui perchè sarebbe troppo lungo, ma se vi ho incuriositi sul web ci sono tantissime informazioni e curiosità.

Ciò di cui voglio parlarvi oggi è qualcosa che non credo molti di voi conoscano e che sta sulle nostre teste. Un filo invisibile delimita intere zone di città o quartieri con un significato ben preciso. Il più esteso è proprio a New York ed è un filo che circonda Manhattan e si chiama Eruv.

Eruv: il filo che circonda Manhattan
Buona lettura.
Claudia, Un’alessandrina in America