E ora, pensiamo al College!

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Sono arrivati i 18 anni, è arrivato il senior year (l’ultimo della High School) e come regalo collaterale è arrivato il momento delle application per il College. Molti studenti americani vivono questo momento con grande apprensione, stress e ansia da prestazione: entrare in una buona università vuol dire “sistemarsi” e gettare le basi per un buon lavoro, uno stipendio rispettabile e una buona assicurazione medica. Ovviamente noi, integrati quanto un panda tra le dune del Sahara, abbiamo puntato sul “non ti stressare, che tanto qualcosa si trova”. Non c’è stato da farsi pregare troppo. Leo era ben predisposto a una vita di frizzi e lazzi, e il suo mantra, anziché essere “Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli” è stato qualcosa tipo “Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli…fare un ca**o”. 

I ragazzi e le ragazze americane coltivano fin dalla tenera età il loro GPA, cioè la media dei voti scolastici, perché un GPA alto, più il SAT e l’ACT – tutti test per determinare il tuo grado di preparazione scolastica – danno forma a un numero che definirà il tuo futuro (Gulp).

La domanda di ammissione al College

Per fortuna non c’è solo quello, se no ciao Pep… C’è anche da scrivere un essay, un saggio, un profilo che gli studenti scrivono parlando di loro, delle loro aspirazioni, del loro percorso passato e di quello che vorrebbero intraprendere. Qui un passato ricco di esperienze, di viaggi, di contesti culturali differenti viene sempre premiato, e la diversity occupa un posto privilegiato. Quindi Leo ha già ricevuto un paio di offerte interessanti, sicuramente più in virtù della persona che è, intesa come bagaglio di vita e di esperienze, che non per il suo punteggio finale.

Scrivere le application per il college, però, significa soprattutto prendere atto che è questione di tempo, tuo figlio sta per fare le valigie e sta per lasciarti. Mentre le tue amiche italiane continueranno a preparare colazioni e pranzi per almeno altri 5 anni, si lamenteranno di Alexa che spara a tutto volume musica improponibile e avranno lenzuola da cambiare una volta alla settimana, noi genitori “americani” siamo a un punto di svolta. Con una precisazione: i genitori americani veri si asciugano una lacrima al vento della loro decappottabile, convertono la camera da letto del loro figlio in palestra per lo yoga e ripartono di grinta. Noi genitori “americani acquisiti”, noi panda di cui sopra, invece no.

Mentre tuo figlio scrive le application per il College, all’improvviso a te tornano in mente tutte le volte che invece di annusare quel morbido e bavoso ammasso di rotolini sudati, hai preferito guardare la TV, lasciando il botolo a distrarsi con la giostrina di farfalle ed elefanti. E il vuoto di quei 18 anni, volati, triturati, disintegrati, ti assale di botto. Ora hai un casino di capelli bianchi, tuo marito si addormenta sempre più facilmente davanti alla TV e, anche se menti spudoratamente sull’argomento, al prosecco preferisci la tisana. 18 anni sono belli, sì. Ma solo per chi li compie, mannaggia. Ecco come stiamo affrontando noi questo importante passaggio…

Antonella, Io me ne andrei – Cronache di una milanese in Texas

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Pubblicato da iomeneandrei74

Blogger, expat, eternamente grata, eternamente in pena. La vita non finisce mai di stupirmi.

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