La scelta del pronome con cui le persone vengono e vogliono essere identificate, è ormai da qualche anno un tema attualissimo nella vita quotidiana degli Stati Uniti ed è entrata di prepotenza anche nel nostro distretto scolastico. La scelta del pronome con cui le persone vogliono essere identificate è considerata una scelta di emancipazione sociale e culturale oltre che un diritto di poter esprimere senza timori il proprio orientamento sessuale. Così anche i miei studenti sempre più frequentemente mi dicono il primo giorno di scuola che il loro pronome è he-his-him.
Così, ricordarsi che la studentessa Samantha della prima ora in realtà è un ragazzo trans e vuole essere identificato con i pronomi lui, il suo di lui è diventato un tema delicatissimo. Va da sé che Samantha in quanto si identifica come lui, può utilizzare i bagni dei maschi a meno che non preferisca chiedere di utilizzare un bagno a-gender. Il tema è complesso e incredibilmente affascinante. Per fortuna i nostri studenti sembrano essere più consapevoli di noi di questo cambiamento e sembrano viverlo con assoluta naturalezza. Mi è capitato più di una volta di ascoltare una conversazione tra ragazzi che nel presentarsi dicevano con assoluta nonchalance quale fossero i pronomi con cui volevano essere identificati. Noi insegnanti come sempre ci adattiamo.

Ad esempio, i mezzi di trasporto in inglese spesso prediligono… prediligevano il pronome she: la barca, la macchina etc… Era comune riferirsi alla propria macchina e dire: she’s a beauty. Spariranno anche quelle, così mi hanno spiegato, in quanto usare il pronome SHE per i mezzi di trasporto è maschilista, con buona pace di Coleridge e della sua rime of the ancient mariner.
La lingua indubbiamente rimane uno strumento per comunicare; sulla sua infallibilità e malleabilità non so che dire, da sempre schieramenti opposti l’hanno utilizzata come strumento per diffondere ideologie più o meno discutibili… una cosa però penso di averla capita: la lingua a tavolino non funziona quasi mai. Se quella dei generi sarà una moda passeggera, come molti ritengono, o un cambiamento epocale, sarà la lingua stessa a deciderlo e né io né i miei alunni potranno farci molto, altrimenti oggi sarebbe la seconda decade del mese di brumaio e i torinesi andrebbero a sciare a Cormaiore in Valle d’Aosta.
Ciò che mi preoccupa sta forse nella sostanza: in molti distretti scolastici gli insegnanti non possono dire ai genitori che loro figlio a scuola si è cambiato pronome… Per dirla in breve è un segreto d’ufficio in quanto un ragazzo potrebbe aver deciso di fare coming out a scuola ma non a casa per evitare ritorsioni familiari. Questo sì. che è un problema fin troppo evidente.
Di pronomi ho parlato nella mia ultima storia, pro nouns.
Michele, ex-Cathedra 2.0