E sai cos’è la felicità? La felicità è l’odore di una macchina nuova. È liberarsi dalla paura. È un cartellone pubblicitario sul lato della strada che grida a squarciagola che qualunque cosa tu stia facendo andrà tutto bene. Tutto andrà bene.” Mad Men, Season I Episode 3

Una delle esperienze più americane della mia vita in Maryland è quella che rivivo ogni volta che vado a fare il tagliando dell’auto alla mia autoconcessionaria. Gli americani, si sa, adorano le macchine e le comprano come se fossero biciclette, le cambiano compulsivamente senza badare a spese. Sarà perché la benzina costa poco, sarà perché le sconfinate distanze aiutano a pensare in grande, fatto sta, che il mercato dell’auto è quasi venerato. Che poi che ci sono tantissime macchine lo si capisce guidando nei vialetti dei sobborghi la sera, dove in una casa monofamiliare si contano anche tre, quattro, cinque macchine; una per ogni membro della famiglia armato di patente.
Le autoconcessionarie più importanti di norma si trovano fuori dalla zona urbana, in un’area abbastanza ampia e fuori dai grandi agglomerati urbani; per lo più questi spazi assomigliano a porti intergalattici di un film di fantascienza: si stendono per diverse miglia, intervallando parcheggi immensi a capannoni e ancora ad altri parcheggi. Le macchine, simili a navicelle spaziali ronzano attorno agli hangar, decine di addetti si sbracciano invitando gli automobilisti ad entrare seguendo un sincronismo lubrificato dal tempo: tutto è efficiente, collaudato da anni di pratica. L’autoconcessionaria è perlopiù odore buono di pneumatici e olio motore, ma anche di caffè bollente e Donuts, perché la sala d’attesa di una concessionaria assomiglia alla hall di un albergo: poltrone disposte davanti a un immenso schermo a cristalli liquidi, un ampio buffet con caffè, caraffe di limonata, frutta, muffins e donuts, sull’angolo opposto la zona bimbi e di fronte un manipolo di ragazze che fanno la manicure a qualche cliente annoiato. Naturalmente tutto è complimentary, gratuito.
Di questo parlo nella mia storia intitolata edonismo…
Michele, Ex-Cathedra 2.0