Siamo partiti dalla Baia, da San Francisco e Berkeley, dal Golden Gate Bridge e dalle strade tinteggiate di arcobaleno per il mese del Pride, siamo partiti dalla metropoli e ci siamo diretti verso il mare, verso le grandi sequoie verdissime, verso le tantissime città di mare che poi non sono altro che un’infilata di motel e diner messi lì proprio per chi è in viaggio. Abbiamo attraversato i terreni dei ranch, nei cui prati verdissimi e assolati pascolano serafiche mandrie di mucche, cavalli e, a volte, anche qualche animale più insolito come, che so, bisonti o alpaca. Siamo arrivati fino a Portland, unica per i colori, il fiume che la attraversa e i ponti altissimi che lo sovrastano, per i quartieri pieni di ragazzi finalmente liberi di bere qualcosa e di andare addirittura a ballare. Unica perché è anche lei americana eppure sembra, a tratti, terribilmente europea.

Siamo tornati verso casa passando dall’interno, percorrendo un’autostrada che in moltissimi tratti coincide con i sentieri percorsi dalle carovane che, nell’Ottocento, arrivavano dall’Est in cerca di terre e fortuna. Mentre il sole tramontava alle nostre spalle, l’asfalto sotto di noi era l’unica punta di nero su cui potesse posarsi lo sguardo, tutt’intorno c’era solo l’oro delle colline arse dall’estate e dalla siccità. Le Highway e le Routes rendono l’esperienza del viaggio davvero totalizzante. Il loro ondeggiare seguendo la costa o il tirare drittissimo attraverso un deserto; i loro limiti di velocità sempre altalenanti che permettono di sbirciare tra un patio e l’altro per leggere i cartelli piantati nei giardini o nei vialetti; il loro traffico a volte insopportabile che ti impone di prenderti il tempo necessario per guardarti intorno e per chiederti chi sono le persone che vivono ai bordi di quelle strade, che esigenze hanno, che vita conducono, quanto la loro America è diversa dalla tua. Questa è la magia dell’on the road.
E poi succede che ti fermi, che arrivi a destinazione, magari a notte fonda per cui vai dritto a dormire e poi la mattina dopo ti svegli, fai per chiudere le valigie e prendere le chiavi della macchina ma no, oggi no, oggi si sta fermi. Ah, va bene. Noi siamo stati fermi a Portland, Oregon. Fermi poi è un parolone, trentamila passi tra giardini, roseti, quartiere artistico e centro “storico”, passeggiata lungo il fiume ma, soprattutto, il giro dentro Powell’s Books.

Scoprite di più su Powell’s, l’Oregon e il viaggiare on the road in questa mia lettera!
Benedetta, Lettere aperte da San Francisco