
Ecco una cosa che qui in Texas non si dice mai, neanche in una città come Austin, dove pure di piazze ce ne sono. Quando vivevo in Italia, la maggior parte degli incontri, delle chiacchiere, delle proposte su cosa fare la sera, avveniva per strada: la strada dalla scuola a casa, o da casa all’ufficio, o dall’Esselunga a casa, o anche sui mezzi pubblici. Qui ad Austin ci si sposta per lo più in auto, quindi incontrarsi per strada o in piazza è praticamente impossibile!
L’urbanistica stessa delle città europee è orientata a far incontrare la gente, a farle passare il tempo sulle panchine, sui muretti, sui marciapiedi. Intorno ai nostri laghi c’è sempre un lungolago, un pontile, una lingua di cemento su cui passeggiare e mangiare un gelato. Qui, invece, questa cosa si sente meno. Le relazioni tra le persone, esse stesse sono diverse, si investe sicuramente meno tempo a coltivarle, gli incontri sono programmati quasi come gli appuntamenti dal medico e, soprattutto, la profondità dei rapporti è molto diversa da quella a cui siamo abituati noi.
Io, lo ammetto, di americani ne conosco pochissimi. Anche per via del mio lavoro, dove incontro soprattutto europei, asiatici e sudamericani. Ma i pochi americani che conosco li vedo con parsimonia, e non per mia scelta. Trovo che gli americani siano molto assorbiti dalla loro routine lavoro-famiglia, e che abbiano una concezione del tempo molto diversa dalla mia: hanno agende rigidissime, infatti, ed è raro che nello stesso mese io riesca a vedere la stessa persona due volte. Tanto per fare un esempio, le mie amiche italiane invece le vedo tutti i giovedì, e si ride da farsi venire male alle guance. Di solito ci vediamo in un posto in centro ad Austin, the Domain, che è una piccola cittadella molto simile a una qualsiasi città europea, piena di ristoranti e stradine per passeggiare. E’ un po’ la nostra piazza, il nostro pezzo di casa, la nostra Milano, o la nostra Palermo, o la nostra Firenze (Milano, Palermo, Firenze, perdonatemi per l’azzardato paragone), e qui facciamo quello che fanno tutti gli italiani, vale a dire, gridiamo, gesticoliamo, parliamo tutti insieme sovrapponendo le voci e gli accenti. Ah, e mangiamo, anche. Tantissimo, di continuo, e mai senza un bicchiere di vino o due.
Con gli americani non riesco a entrare in sintonia, sicuramente per una mia rigidità e per il fatto che non ce la faccio a sostenere lo small talk per troppo tempo. Insomma, se non posso parlare di politica, o di soldi, o di sesso, di cosa parlo? La conversazione superficiale, che non entra mai nell’intimo, che non è mai fascinosamente inopportuna, che non scivola mai nella guasconata, non fa per me e non mi permette di essere me stessa, cosa che con l’età è diventata una priorità e una cosa non negoziabile. Sono così, chi mi ama mi segua, non riesco più ad assecondare le aspettative degli altri, neanche nella conversazione, menché meno nei rapporti umani.
Per questo con le mie amiche italiane mi sembra di rivevere la piazza e le sue dinamiche. Mi sembra di tornare a casa, quando bastava un messaggio per incontrarci di lì a mezz’ora, e quando il tempo insieme passava dalle risate alle lacrime con naturalezza. Mi sembra di rivivere il buono dei rapporti umani, quando hai voglia di stare con qualcuno non perché te lo sei segnato in agenda ma perché è proprio quello che hai voglia di fare e che non ti basta mai. E, ciononostante, mi manca moltissimo dire questa frase, semplice e leggera: ci vediamo in piazza?
Antonella, Io me ne andrei – Cronache di una milanese in Texas