Qualche sera fa, ho accompagnato le mie due piccole pesti ai Boy Scouts.
Di solito, se ne occupa mia moglie, ma stavolta ho voluto strafare, giusto per dimostrare chi è che porta i pantaloni in casa.
Quando lei non c’è, intendo.
Ma non è questo il punto. Il punto è che pensavo di andare a trascorrere un’oretta divertente e istruttiva con le bambine.
Cosa mai potevo immaginare mi accadesse di così imprevedibile ad un ritrovo di bravi figlioli?
Mi aspettavo, per esempio, di imparare a costruire una casa sull’albero del proprio backyard, senza maltrattare la pianta.
Oppure, credevo di assistere a una lezione su come compiere buone azioni e mantenere sempre le proprie promesse.
Cose così, insomma.
Invece, a cosa ho assistito?
Al rituale su come si brucia la bandiera.
Quella americana.
Sì, sì, proprio quella a stelle e strische, bianca rossa e blu. Quella che da queste parti campeggia quasi ad ogni angolo di casa, ufficio, film, viaggi, auto fogli di giornale.
Quella di cui gli americani vanno talmente orgogliosi da rasentare il fanatismo agli occhi del resto del mondo.
Quella che anche io ho imparato a rispettare e ringraziare per tutto ciò che mi ha donato.
Quella che, quando la vedi sventolare nelle grandi occasioni, ti mesmerizza al punto che ti spinge ad abbracciare improvvisamente lo sconosciuto di fianco a te, in preda ad uno spirito di fratellanza smodata, non importa se DEM o REP, ispanico o yankee, mormone o buddista, black or white, no-mask o pro-vax, vegano o cannibale.
Come e perché le mie due piccole pesti abbiano incendiato la bandiera statunitense, sotto la mia supervisione sbigottita, lo svelo in “Bye bye bandiera, addio“.
Con l’amichevole partecipazione di quei bravi ragazzi piromani dei Boy Scouts americani…

Pietro, Provenzano’s blog
Una opinione su "Bandiera rotta, onor di capitano?"