Quando arrivi negli Stati Uniti, in fondo nutri sempre un po’ di timore di non far le cose per bene e secondo le regole. Sei pur sempre un ospite, e l’ansia di essere all’altezza del Paese che ti ospita è una costante. Un po’ per il pregiudizio, un po’ per la difficoltà linguistica, un po’ per meccanismi davvero diversi, come nuovo arrivato ti trovi sempre in una situazione di “metus”, di timore riverenziale.
Sebbene gli ufficiali siano sempre corretti e assolutamente rigorosi, è su questa fragilità, anche psicologica, che si fondano alcune macchine truffaldine di balordi che prendono di mira svariate categorie, e tra queste anche gli immigrati. Il fenomeno si chiama “scam”, appunto truffa. C’è davvero di tutto. Dalle truffe sulla lotteria della Green Card, alle truffe sui visti, e tanto altro.
È poi vero che l’USCIS (acronimo che sta per U.S. Citizenship and Immigration Services) non fa sconti e se ti becca quando hai commesso errori e ti sei illegalmente trattenuto nel Paese, ti chiede cortesemente di lasciarlo, nel quale sarà difficile poterci tornare in futuro.
Ora, quando crei una nuova linea telefonica, è tutto completamente nuovo e la rubrica conta pochi contatti. Accade così che all’inizio si risponde a tutti i numeri che chiamano, pensando che siano telefonate “legit”, cioè credibili, affidabili. Ma si impara presto che le chiamate da numeri anonimi o da numeri sconosciuti sono spesso puri tentativi di raccattare soldi con trucchi e insinuazioni varie. Si ricevono quotidiane telefonate per assicurazioni scadute, chiamate per prestiti per il debito studentesco, chiamate per tasse non pagate. Addirittura, le compagnie telefoniche offrono servizi antispam che bloccano il chiamante alla fonte, le c.d. “scam calls”.
I messaggi sono a volte pre-registrati, ma a volte sono invece “live”, per dare ancora un tono maggiore di credibilità. Dopo le prime esperienze si impara semplicemente a riattaccare. Resta ancora da chiarire come e dove i truffatori riescano a raccattare i numeri da chiamare e dove sia il “glitch”, cioè la falla nei sistemi di privacy che gestiscono i dati personali dei clienti.
La prima volta, senza un fratello maggiore che ti racconta di questa esperienza, magari anche ci caschi. E per un pelo ci siamo cascati anche noi. Molto dipende appunto dal contesto. E nel mio caso sembrava tutto molto reale. Per fortuna ci siamo accorti per tempo delle incongruenze, e alla fine ci abbiamo fatto sopra una risata…
Se volete sapere come ce la siamo cavata noi quando ci hanno detto che rischiavamo di essere sbattuti fuori dagli USA per non aver pagato una tassa all’aeroporto, potete leggere qui il racconto di quella volta che siamo addirittura andati dallo sceriffo!!
Klara, Giovedi’ mi sveglio in America