Se vi è mai venuto in mente di fare una teglia di brownie, pancakes per colazione o anche solo i classici Chocolate chip Cookies, vi sarete sicuramente imbattuti in una ricetta originale americana, in cui si trovano riportati ingredienti che difficilmente si ritrovano sugli scaffali italiani. Io, che mi ero appassionata alla cucina internazionale già prima di trasferirmi, ero alla costante ricerca degli ingredienti riportati nelle ricette, sia dolci che salate. Ricordo ancora quando, dopo aver battuto tutti i supermercati della mia zona, entrai in una enoteca per cercare dello sherry, con cui sfumare uno stufato. Per poco non mi venne un colpo, 60 euro per un vino da cucinare… anche no! Ma come era possibile che venisse riportato con così frequenza, se era un ingrediente che non si trovava nella grande distribuzione e che, proprio a cercarlo, aveva un costo così elevato?
In questo post vi faccio un po’ di chiarezza nella conversione delle ricette americane, una conversione che va oltre la semplice unità di misura cup/grammi, ma che coinvolge gli ingredienti stessi.
Di farina e zucchero di canna ho già parlato qui e qui.
Ma in realtà è facile trovarsi anche di fronte a ingredienti come buttermilk, unsweetened cocoa powder/dutch processed powder, aceto balsamico bianco, Grahram cracker, e altri ingredienti a noi sconosciuti, dei quali non immaginiamo il sapore e, pertanto, non abbiamo idea di come sostituire.
In generale, la regola che ho imparato, sulla mia pelle, è: fate con quello che avete. Nelle ricette sono riportati certi ingredienti solo perché quelli si trovano. Dopo aver letto nello specifico di cosa si tratta, avrete le idee più chiare.
Biscotti
Nelle cheesecake o nei dolci freddi, spesso vengono menzionati i vanilla wafer o i Graham cracker. Non sono né wafer (nella nostra accezione) né cracker. I vanilla (o chocolate) wafer sono dei frollini semplici: potete sostituirli con dei biscotti da colazione non particolarmente burrosi. Per dire, i Maria vanno benissimo. Se siete in Italia potrete usare degli Oro saiwa o dei semplici biscotti da colazione che avete in casa.
I Graham cracker, invece, fanno storia a sé.
I Graham Cracker, assieme alla granola e ai cereali Kellogg’s, sono il retaggio di un’ondata salutista e vegetariana che iniziò in America nella seconda metà dell’800 e che persiste ancora adesso. Non è un mistero l’amore degli americani per integratori, vitamine, cibi arricchiti. Le manie alimentari sono nate 150 anni fa, con la bistecca tritata di Salisbury, i cereali di Kellogg e, appunto, i biscotti di farina integrale di Graham.
I biscotti del reverendo Graham erano di farina non raffinata, con crusca, che aiutava a pulire, e non prevedevano la fermentazione (che veniva assimilata a una putrefazione), in quanto avevano baking powder e non yeast. In un certo qual modo, venivano spacciati come biscotti “che pulivano l’animo”. Non è un caso che sono gli stessi anni in cui nasce la idroterapia e in cui Kellogg fa fortuna con le sue cliniche visionarie e affamatrici (affiliate agli avventisti del settimo giorno).
In realtà, al giorno d’oggi, i biscotti graham non sono altro che biscotti sottili, dolci, arricchiti di crusca e miele, gradevoli, poco grassi e ottimi per la merenda dei bimbi.
Potete evitare di cercare ricette per farli da soli. Usate delle Digestive, dei Grancereale o dei biscotti Misura, e avrete ugualmente la vostra base, senza modificare o stravolgere il gusto della ricetta.
Latticini
Cominciamo subito chiarendo che il buttermilk non e’ il siero che resta dalla lavorazione del burro. Se fate il burro in casa, potete usare il siero nei panificati, ma non è neanche simile. E’ più simile a uno yogurt da bere. Si produce come sottoprodotto dalla lavorazione del burro, dopo aver sgrassato il latte. Si prende il latte scremato e si fa fermentare con batteri, tra cui il Leuconostoc citrovorum che digerisce l’acido citrico trasformandolo in diacetile che, appunto, dà l’aroma al burro.
Il latticello, o buttermilk, dà acidità agli impasti, ne migliora il gusto e aiuta le carni, che vi sono state marinate, a essere più morbide e saporite. Il classico pollo fritto americano è lasciato a bagno in buttermilk e spezie per qualche ora, poi sgocciolato, passato in una miscela di farina e spezie e fritto in olio profondo. Vi assicuro che anche dei semplici bocconcini di petto di pollo vengono valorizzati da questo procedimento
Si consiglia di usarlo anche nei muffin, nei pancake per dare l’acidità giusta a reagire con il bicarbonato che viene aggiunto.
In Italia non esiste praticamente in commercio, si trova solo in certi negozi naturali a prezzi esorbitanti. Potete sostituirlo con una buona approssimazione con del Kefir di latte, che ormai trovate ovunque nel banco frigo dove gli yogurt. Tenete solo presente che il kefir ha un contenuto proteico maggiore, quindi tende a scurire un pochino di più e che è leggermente più liquido: nel caso dovesse far parte degli ingredienti di una torta dovreste regolare leggermente le polveri.
La panna acida fa parte, soprattutto, delle ricette Tex Mex, ma è comunque amatissima da tutti. E a ragione. E’ una specie di yogurt poco acido, cremoso, denso. Spesso nelle ricette “tradotte” si parla di inacidire la panna fresca da montare con un cucchiaio di limone (versione accreditata anche da Cook’s Illustrated). In realtà, se volete avere un esperienza quanto più simile alla vera panna acida, vi consiglio di creare una specie di yogurt con la panna fresca. 500 ml di panna a 40°C, un cucchiaio di yogurt greco e lasciare riposare almeno 6 ore, meglio in un thermos o in una yogurtiera. Diciamo che entrambi i metodi sono accreditati, a voi la scelta di quello che vi dà il risultato migliore.
Cacao
A fare il paio con la mia ricerca dello Sherry, ci fu quella del cacao Dutch processed,. Questo tipo di cacao viene correntemente riportato nelle ricette americane, opponendolo allo unsweetened cocoa powder, e di cui, mai, si fa menzione nei ricettari europei, neanche quelli Inglesi. Poi, un giorno, la rivelazione. In Europa non si parla di Cacao Dutch processed semplicemente perché tutto il cacao in Europa, praticamente, lo è.
Avete presente il sapore del Nesquik? Ha un retrogusto leggermente polveroso, poco “cacaoso” e un colore pallido. Quello in realtà è il cocoa powder. In USA esiste in versione dolcificata e non dolcificata. Sa meno di cacao (come lo intendiamo noi) e ha un sapore più terroso. Il cacao europeo, invece, è figlio dell’innovazione di Van Houten, un commerciante olandese (Dutch) del primo ‘800. Si trattano i semi di cacao con una miscela basica (alcalinizzazione) che rende il colore della polvere più scuro, il sapore meno aspro e favorisce la dispersione nei liquidi della polvere che si ottiene.
Un trucco. La polvere di cacao (se non miscelata precedentemente ad amidi) si scioglie meglio in acqua bollente, e questo vi spiega perche’ qui fanno la cioccolata calda con l’acqua. In USA il Dutch processed cocoa è difficile da trovare, nonché carissimo. Diciamo anche 3 volte il costo un semplice barattolo di cacao. Molte ricette ne riportano uno o l’altro e modificano gli ingredienti sulla base di quello che viene utilizzato: variando l’acidità della ricetta, nonché avendo una diversa “dispersibilità”, le ricette infatti hanno una resa diversa. Per quanto mi riguarda, i dolci fatti con l’unsweetened cocoa mi hanno talmente delusa che preferisco correre il rischio e continuare ad usare il dutch che trovo online o che mi portano i visitatori italiani 🙂
Vini e aceti aromatizzati
Questa è una piccola panoramica dei vini da cottura americani..

Solo dopo il trasferimento, ho scoperto l’esistenza dei cooking wine, che sono “liquidi” aromatizzati usati per cucinare. In pratica, il nostro Tavernello in brick è il Veuve Cliquot dei vini da cucina. Hai voglia a leggere nelle ricette “Sherry, Marsala, vino bianco, rosso” o, ancora, aceto balsamico bianco. Per carità, sicuramente esiste qualche aceto balsamico bianco originale e, sicuramente, questo è molto pregiato. Ma, altrettanto sicuramente, non è neanche simile a quello che si trova qui, comunemente, sullo scaffale. Si tratta, nel caso di quello americano, di un prodotto comune, su cui non discuto il sapore, ma assolutamente commerciale.
Nel caso dei cooking wines, lasciate perdere la sostituzione. Questi sono prodotti pieni di zuccheri, coloranti aromi (lo vedete anche dai prezzi, neanche un decimo del famoso Sherry dell’enoteca). Io qui ho trovato dei vini bianchi a basso costo, un po’ come il nostro Tavernello, da usare in cucina.
La ricetta del mese: frittelle di verdure
Vi lascio una ricetta simpatica, veloce e pratica che può essere utile in caso di picnic, feste a buffet e pranzi al sacco. Queste frittelle sono come dei pancake salati e, grazie alle verdure, restano davvero umide e gradevoli anche a temperatura ambiente o fredde di frigo.

Ingredienti per circa 30 frittelle
2 uova
1 cup di farina autolievitante o farina+1 cucchiaino pieno di lievito per dolci (baking powder)
Buttermilk o Kefir quanto basta, circa 1 cup
Uno zucchino
Una carota
Mezza cipolla e, se lo avete, qualche ciuffo di verde di cipollotti
Mais: può essere surgelato, da una pannocchia cruda, da un barattolo ben sgocciolato
Facoltativo:Eventuali verdure che avete in frigo, già lesse, come asparagi, broccoli, fagiolini, cavolfiore
Spezie a piacere
Sale
Usando una grattugia a fori grossi, grattugiate le verdure crude (zucchina, carota, cipolla, e eventuali altre crude). Mettete un generoso pizzico di sale e lasciate sgocciolare in un colino. Sminuzzate eventuali verdure cotte e mettetele da parte.
Nel frattempo sbattete le uova in una ciotola, mettete la farina e le spezie e create una pastella soda. Allungate con il buttermilk fino ad avere una pastella consistente ma che può colare dal cucchiaio. Non mettete sale, perché è stato già aggiunto alle verdure.
Strizzate bene le verdure e aggiungetele alla pastella. Aggiungete anche il mais e le eventuali verdure cotte. Controllate la consistenza della pastella. Deve essere cremosa, non troppo liquida (o verranno unte) nè troppo addensata (o si cuoceranno male). Eventualmente, aggiungete un po’ di farina o un cucchiaio di buttermilk.
Mettere sul fuoco medio alto una padella a bordi alti con circa 500-600 ml di olio.
Aiutandovi con un porzionatore da gelato a molla, versate la pastella a cucchiaiate nell’olio bollente. Se resta troppo sostenuta, potete schiacciare la frittella col dorso del cucchiaio. Quando si iniziano a formare delle bolle sulla superficie, girate la frittella e fatela dorare anche dall’altra parte. Scolate su carta assorbente e continuate fino a esaurimento della pastella.
NOTE:
- Sono molto buone sia calde che fredde. Questo le rende perfette per i picnic e i buffet.
- Non omettete il passaggio sotto il sale, nè lasciate le verdure sotto sale più a lungo del tempo necessario a preparare la pastella. Senza riposo, le pastelle vengono troppo umide, se lo prolungate, vengono troppo asciutte.
- Controllate la temperatura dell’olio assaggiando la prima frittella. Se troppo bassa, le frittelle si riempiono di olio, se troppo alta si rischia di trovarsi con un esterno molto colorato e un interno crudo.
- Variando le spezie, si possono ottenere risultati sempre diversi. Curry, mix Cajun, Persillade, mix indiani vanno tutti bene per dare bocconcini sfiziosi e profumati.
Enjoy!
Elena, Florida
Grazie, molto utile!
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Sono contenta che ti sia piaciuto..siamo sempre alle prese con gli strani ingredienti della nostra amata letteratura gastronomica americana 🙂
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