Se i sogni fossero tuoni e i desideri fossero lampi, probabilmente questa cucina si sarebbe polverizzata almeno tre settimane fa…
Una serie di sciagure apocalittiche continuano a inseguirsi senza sosta, come frasi di biscotti della fortuna guasti, poi, quando sto per spegnere la televisione, una notizia scorre veloce togliendomi il respiro;
John Prine dies at 73 after developing COVID 19 symptoms.
Rimango immobile a fissare lo schermo incredulo.
Mi siedo sul divano mentre ricordi che non riesco a rammentare mi chiudono la gola.
Oggi lo so, il Maryland è più vuoto; l’America è più vuota. Se n’è andato il poeta delle piccole cose: case modeste con il profumo di meat loaf che filtra delicatamente dalle storm windows. Cadillac cromate che attraversano sobborghi dimenticati, un autolavaggio, qualche buco sulla strada e poco più. Un’America rurale dove la tristezza degli ultimi inciampa nella miseria e nell’emarginazione e la dignità delle piccole vite che tirano avanti con il minimum wage viene mortificata dalle logiche spietate di un mondo senza humanitas.
Just give me one thing
That I can hold on to
To believe in this livin’
Is just a hard way to go
John Prine, Angel from Montgomery
Dalla finestra alla mia sinistra il cielo azzurro è indifferente. Ormai la neve dell’inverno si è sciolta e il Natale ha ceduto il passo alla Pasqua, nascondendo per sempre i giocattoli rotti e pastelli sbiaditi, poche cose su cui poter rimuginare.
Father forgive us for what we must do
You forgive us and we’ll forgive you…
John Prine, Fish and Whistle
Michele, Ex-Cathedra 2.0