
Quando mi sono finalmente deciso a compiere il fatidico passo di trasferirmi negli USA, ho cercato di considerare ogni tipo di difficoltà che avrei potuto incontrare per soppesarlo assieme ai vantaggi, in modo da ponderare al massimo la mia drastica scelta.
Ho tentato di valutare tutti i contro, giuro, dalla lingua alla cultura diversa, dal cibo alieno alla moneta differente.
Alla fine, mi son detto, sono tutti ostacoli che in qualche modo supererò, e differenze a cui mi abituerò nel giro di un annetto al massimo. La parola d’ordine doveva essere: flessibilità!
Peccato che fuori dalla bilancia della Grande Decisione abbia dimenticato colpevolmente un aspetto che ho poi scoperto con estremo stupore non essere così banale. Evidentemente, è un punto della cui importanza non ci si rende bene conto fintanto che non ci si trova ad affrontarlo in loco, e perciò si sottovaluta.
Parlo del Sistema Internazionale di Misurazione. Ragazzi, si chiama proprio “Internazionale”. Questo aggettivo ingannevole ti fa credere che esso sia in vigore ovunque nel mondo, o perlomeno nei Paesi più sviluppati, tipo gli USA. Quindi, appurato che bene o male con la lingua ti arrabatti, col cibo ti arrangerai (dai, facciamo finta di sì), con la moneta ti abituerai, la cultura la assorbirai… fai le valigie e VAI!

Come no. Arrivato sul posto, ti ricordi che il sistema di misurazione americano è un tantino diverso, nonché astruso. Scopri, tra l’altro, che gli unici Stati nel mondo a non aver ancora aderito a quello internazionale sono solo tre: Liberia, Birmania e, appunto, USA.
Che combinazione!
Eccomi pertanto catapultato in una serie di esperienze fantozziane, descritte in questo post: La mia vita a stelle e strisce tra galloni, miglia e gradi Fahrenheit.
Buona lettura!
Pietro, Provenzano’s blog