Fin dal primo momento in cui ho scelto di scrivere e raccontare del e sul Wyoming, ho fatto di tutto pur di entrare in sintonia con la gente di questo posto. Perché questo amo del Cowboy State: la sua gente. Certo, lo stato regala paesaggi non indifferenti, ma la sua gente sembra possedere una consapevolezza che tiene per sé, una capacità di comprendere la vita – potremmo dire – oltre gli anni 2000. Oltre gli smartphone, la tecnologia, Netflix, il wifi…
Pensiamo a una passeggiata a cavallo nel fine settimana, o il lavoro senza riposo, a qualunque ora, di qualunque giorno, in un ranch, o ancora, alla mia tanto amata back road culture, ossia prendere un pick-up, magari anche arrugginito, e percorrere una strada secondaria non asfaltata, al tramonto, con la radio accesa che trasmette una canzone di Toby Keith, o Garth Brooks o Dolly Parton. Insomma, piccole gioie quotidiane della vita, che qui sembrano venire apprezzate, e conseguentemente comprese, più che altrove.
Da cosa questo sia dovuto, probabilmente risiede nella morfologia del territorio, che definisce il carattere della popolazione del Wyoming. Qui la gente se rimane senza telefono per qualche ora di certo non impazzirà, oppure, in perfetto stile Wyomingite, preferirà una piacevole gita fuori porta piuttosto che una cena in un affollato ristorante o in un cinema in centro città. E’ come si sceglie di vedere la vita – e le opportunità che essa offre – che cambia, qui in Wyoming.
Ne ho parlato in Perché la gente del Wyoming ha compreso il vero senso della vita.
Tiziano Brignoli, Stories about America
Foto in apertura: John Jennings per Unsplash