Qualche anno fa ho conosciuto da vicino la giustizia americana.
Tutti noi abbiamo visto migliaia di film ambientati in aule di tribunali americani, tra processi, accuse, difese, condanne, assoluzioni. Ma è una giustizia vista “da lontano”, con il filtro di uno schermo. Viverla da vicino, in qualità di expat un po’ naïve che si e’ da poco trasferito negli Stati Uniti, è tutta altra cosa.
La giustizia americana è veloce ed inflessibile, e degna di ammirazione. Non crediate che sia sempre perfetta perché anche qui sbagliano spesso, eccome se sbagliano, ma tu normale cittadino non puoi protestare troppo alzando la voce e in alcuni casi devi accettare anche gli errori.
Tanto tempo fa, ad esempio, ricevetti per posta una multa per divieto di sosta in una strada di Brooklyn. A niente servirono le mie giustificazioni via email in cui provavo che quel giorno ero in ufficio e in quella zona di Brooklyn non c’era mai stato in vita mia. Avevano fatto un errore di trascrizione della targa e per errore hanno mandato la multa a me. Ma non si fecero convincere anche perché avrebbero dovuto ribaltare la decisione di un giudice che aveva letto le mie giustificazioni e non si era lasciato convincere e quindi, per non avere rogne, pagai la multa anche perché a quel tempo non avevano ancora approvato la mia green card, e quindi non si sa mai, meglio pagare e non pensarci più.
Ma questo non è niente in confronto alle settimane di ansia che mi fecero passare alcuni anni fa per una semplice multa per eccesso di velocità. In quel caso dovetti addirittura andare in corte e sembrò di vivere un’esperienza kafkiana, come quella de Il Processo. Come andò la storia? Potete leggerla direttamente sul mio blog.
Torno a vivere in America
Foto in apertura Bill Oxford via Unsplash