11-9-2001:” Where were you when?”

È un giorno che ci ha cambiati dentro perchè ci ha tolto la sicurezza e un po’ la fiducia nel prossimo:  ci ha fatti diventare sospettosi di chi appare differente da noi. Il nostro prima è quello di una vita in cui pensavamo di essere fortunati ad essere in un periodo di calma e di pace. Ci sentivamo tranquilli in una parte del mondo dove non c’erano più guerre civili o religiose.

Da quel giorno però è cambiato tutto. Non solo perchè è stata colpita la nazione più potente del mondo, ma perchè da allora è successo ancora, ancora e ancora.

Parigi, Nizza, Berlino, Boston, Barcellona, Mumbay, per citare solo alcuni luoghi.  È successo in alberghi, musei, piazze, mercati, ristoranti, spiagge, chiese, luoghi di lavoro.

E non siamo neanche più così naive da dire che viviamo in un periodo di pace perchè non è vero.

Da allora sono morti migliaia di soldati americani, europei. Sono morti milioni di civili in Irak, Siria, Libia ed in altre zone del mondo dove l’estremismo ha fatto le sue vittime.

Quel giorno però, l’11 settembre 2001, rimane il giorno che nessuno dimenticherà. Sappiamo tutti esattamente cosa facevamo e dove eravamo. Se lo ricorda persino mia figlia che allora di anni ne aveva cinque.

In questo post abbiamo deciso di raccogliere le risposte delle autrici del blog USA Coast to Coast alla domanda: Dove eri? “Where were you when?”.

Where were you when the world stopped turning?

Sabina (Living in California)

Lo ricordo come se fosse oggi. Ero tornata a casa per pranzo in uno dei soliti intervalli tra le lezioni all’università di Padova. Accesi la tv, un po’ annoiata, prima del corso di inglese, e tutti i canali ne parlavano. Guardavo incredula quelle immagini così surreali e non mi capacitavo di quello che stava succedendo in America. Un’America lontana, che non conoscevo, che avevo visto solo nei film. Impossibile credere che fosse tutto vero e che stesse succedendo sul serio. Immagini di morte e disperazione, che sono impresse nella mia memoria.

Ricordo che tornai all’università con quel bisogno di stringermi ad una comunità di persone per processare quella terribile tragedia… tornai al corso di inglese col desiderio di parlare di quelle immagini appena viste e di trovare nei miei compagni di corso una sorta di consolazione per quel dolore che provavo e per la paura immane che quelle immagini avevano generato in me. Sapevo che qualcosa era cambiato per sempre e da lì non saremmo più tornati indietro.

Francesca (Georgia peach in tiger town)

Francesca aveva scritto un post sul suo primo blog proprio con questo nome, Where were you when. Lei come me, abitava già negli Stati Uniti. Le sensazioni che prova sono molto simili alle mie ed entrambe ci ricordiamo il silenzio surreale di quel giorno .

Pare ci sia un quarto aereo, arriva la conferma.  E’ in volo, probabilmente diretto verso la Casa Bianca o su qualche altro importante bersaglio.  Mi viene un’illuminazione, ricordo di avere un marito che lavora in un palazzo altissimo, gli ultimi piani occupati da militari.  Provo a rintracciarlo, non risponde.   Riprovo.  Niente.  Provo ancora.  Nulla.
Sento il rumore della chiave nella porta, e’ lui.  Il boss ha rimandato tutti a casa.
Rimaniamo come ipnotizzati, insieme, davanti al video.  Passa il tempo, non si mangia, non si beve, non si va in bagno.  Arriva la notizia, il quarto aereo e’ caduto in Pennsylvania, non ci sono piu’ aerei in volo.  E’ finito tutto.

Tiziana (ero Lucy Florida travel blog)

Vivevo a Roma, ormai sembra essere tre vite fa. Ero andata in un centro commerciale a comprare qualcosa, stringevo in mano la busta con una maglietta blu quando uscita dal negozio ho visto un capannello di persone davanti un maxischermo. Mi avvicino incuriosita. Ci sono i grattacieli, non capisco, e’ un film? Poi arriva l’aereo che colpisce la torre. Mi si gela il sangue e resto impietrita a guardare per capire. Non capisco, sono immagini, non c’e’ audio, ma capisco che e’ un telegiornale e capisco che a New York e’ successo qualcosa di grave. Le immagini mostrano il replay degli schianti a ripetizione, prima un aereo, poi il secondo, poi di nuovo, e poi ancora. Resto li’ senza muovermi, non ho idea quanto tempo sia rimasta li’ a guardare. E poi le torri che cadono, prima una, poi l’altra.

All’epoca ero una specializzanda in psicologia clinica e una mia tesina fu sui suicidi delle persone intrappolate ai piani piu’ alti che si gettarono dalle finestre in preda alla disperazione. Avete mai visto quel meraviglioso, drammatico documentario, 9/11, con i messaggi in segreteria lasciati da quelli che erano sul volo dirottato e sapevano perfettamente a cosa stava andando incontro?

Claudia (Un’alessandrina in America)

Antonella (Io me ne andrei)

Quel pomeriggio perfetto…
Mi sento bene, elegante nel mio completo da ufficio, ho nel cuore e nella testa tutta la leggerezza dei miei 26 anni e Milano è accogliente con la sua dolce aria di fine estate. Mi sono presa il pomeriggio libero, ho una serata da preparare e voglio andare in corso Buenos Aires a cercare un vestito. Capita a volte che ti senti il mondo in mano, vero? In quel pomeriggio a me sembra di sentirlo tra le dita, perché tutto gira bene, tutto sembra avere un senso. In quel preciso istante, invece, la telefonata di mio fratello in lacrime fa cadere ogni senso, ogni principio, ogni certezza. Non è possibile, riesco a dire. Non è possibile.

Valentina (Parole Sparse)

Quella mattina ero al Politecnico per un esame di fisica. Ricordo appena uscita vedo sul cellulare un messaggio della mia amica che mi chiede se l’esame è finito e di correre subito a casa perché era scoppiata la guerra. Nel frattempo lei aveva iniziato il suo esame e quindi non potevo chiederle spiegazioni. Al tempo non c’era internet sul cellulare nè c’erano i social come oggi. Vado comunque subito a casa per capire che intendeva con quel messaggio.

Appena entro in casa mia mamma aveva il televisore acceso, la seconda torre era stata colpita da pochi minuti, e iniziavano ad arrivare le notizie che anche il Pentagono era stato colpito… il crollo, un altro aereo caduto e infine anche l’ultima speranza persa con il crollo della torre nord. Il caos, la paura che potessero esserci altri dirottamenti o attentati, la certezza che migliaia di persone avevano perso la vita, la speranza che altre centinaia che erano nelle torri fossero riuscite a mettersi in salvo… e la consapevolezza che non importa chi fosse stato, quel giorno era cambiato il mondo che conoscevamo. Un mondo che i ragazzi che diventano maggiorenni quest’ anno non hanno mai conosciuto. I nostri nonni hanno conosciuto la paura delle guerre, i nostri genitori gli anni delle stragi e la guerra fredda, ma chi è nato come me alla fine a cavallo degli anni 70-80 non si era mai scontrato direttamente con la paura. Certo c’erano state le rivoluzioni nell’est Europa, la guerra nei Balcani, ma erano in qualche modo lontane. L’11 settembre ha riportato la paura degli attentati, ha cambiato il nostro modo viaggiare, ha inculcato sospetto e paura…

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2 pensieri riguardo “11-9-2001:” Where were you when?”

  1. Stavo lavorando, radio accesa, danno la notizia, accendo la tv e vedo l’aereo che si infila nella torre. Un colpo al cuore. Noi c’eravamo stati sulle torri, da lì avevo visto NY dall’alto, avevo pensato al futuro, avevo visto la statua della libertà e l’avevo fotografata. Un alternarsi di angoscia e incredulità. L’11 settembre non è mai stato più un giorno qualsiasi, ma un giorno di lutto, per tutti coloro che sono mancati, per coloro che sono sopravvissuti.
    Anche l’anno scorso ho fatto scalo a NY e sono passata da ground zero ad accarezzare gli innumerevoli nomi che ci sono stampati a bordo vasca. Io c’ero , io ricordo.

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